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Ultimo aggiornamento 1/11/2002 16.19
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OTTOBRE 2002
tratto da Alto Adige - 30 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Presentazione del WineFestival
Si avvicina l'importante rassegna
Vino, che passione
MERANO. Conto alla rovescia per la decima edizione dell'International WineFestival, in programma dal 9 all'11 novembre al Kursaal. L'interesse per la manifestazione si dimostra sempre alto, sottolineato dal grande numero di richieste e prenotazioni dei biglietti in prevendita. Oltre al vino, protagonista in assoluto, ci sarà anche l'ormai tradizionale sezione "Culinaria" (6º edizione), nicchia pregiata della manifestazione che propone una sessantina di campioni gastronomici delle migliori case italiane. Una delle novità 2002 sarà il marchio Alto Adige presente all'evento con un campione dei prodotti tipici delle nostre zone a sottolineare gli ottimi risultati dei vini altoatesini. Riproposta anche quest'anno l'asta di vini a favore dell'Unicef.
tratto da La Nuova Sardegna - 30 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
La cultura della vite
La standardizzazione dei prodotti si combatte riscoprendo la tradizione
di Pasquale Porcu
Non capita spesso - anzi, non capita mai - che una cantina sociale promuova un convegno di alto profilo scientifico come quello che si è svolto nella sala Verde della Cittadella dei Musei di Cagliari dedicato al vino e all'archeologia.
Si chiederà qualcuno: ma che cosa c'entra l'archeologia con il vino? O meglio, perché mai le aziende che producono vini si dovrebbero interessare di archeologia?
Si potrebbe rispondere che a Dorgali la cultura del vino affonda le proprie radici in venti e più secoli fa. E questo potrebbe già essere un buon motivo per intuire una relazione tra chi produce Cannonau e chi si occupa di studiare le tracce che i Romani hanno lasciato nella zona di Dorgali. Ma c'è un'altra considerazione da fare e riguarda il modo nel quale si è diffusa e si sta diffondendo rapidamente la tecnologia che consente anche a chi sta dall'altra parte del mondo di produrre un vino corretto e talvolta anche molto buono.
In Australia, in Nuova Zelanda, in Sudafrica e perfino in Cina ormai è possibile produrre vini con un buon rapporto tra prezzo e qualità. I vitigni sono più o meno gli stessi che usiamo in Europa: Cabernet Sauvignon, Sirah, Merlot, Chardonnay. E gli enologi che li «disegnano» sono gli stessi che operano in Italia, in Francia o negli Stati Uniti, dal momento che in tempi di globalizzazione le proprietà dei vigneti sono in mano agli stessi proprietari.
E allora c'è il rischio reale che un Grenache californiano proposto ai consumatori con una pubblicità martellante possa far ridurre gli spazi ai nostri Cannonau che pure hanno una qualità superiore.
L'unica arma che abbiamo per contrastare le economie di scala dei nuovi colossi dell'enologia d'Oltreoceano è di tipo culturale. Una ricchezza che può e deve diventare anche economica. Quante aree del mondo, infatti, possono vantare duemila anni di storia nel produrre vino come Dorgali, Alghero, Bosa, Oristano, Cagliari? Quante zone vinicole del mondo possono contare su una terra felice quanto quella di Dorgali o dell'Ogliastra o la Romangia nel produrre Cannonau?
Se fossimo negli Stati Uniti o in Francia, sui ritrovamenti archeologici di Dorgali avrebbero già costruito un museo e forse anche un aeroporto per far arrivare turisti e visitatori da tutto il mondo ai quali raccontare la meravigliosa storia sull'antica Viniola di Dorgali e ai quali, magari, vendere una confezione di tre bottiglie a testa, a prezzi adeguati ai prodotti culturali.
La strada è stata indicata. Ora spetta alle altre cantine riprendere e sviluppare l'intuizione della Cantina di Dorgali.
Che la festa cominci.
tratto da News Coldiretti - 30 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
ETNA: "AGRICOLTURA IN CENERE", I DANNI E LE TESTIMONIANZE
"Un evento simile non si era mai verificato e non sappiamo
neanche cosa succederà alle nostre produzioni in serra". E' la
preoccupazione espressa da Emanuele Salerno, proprietario di 10
ettari di serre nella zona di Vittoria e S. Croce di Camerina,
(Rg) dove produce uva e ortaggi. "Le serre sono completamente
coperte di polvere e l'unico sistema per pulirle è l'acqua ma
non possiamo intervenire perchè non è disponibile neanche per
irrigare figurarsi per lavare la plastica. L'ombra provocata
dalla cenere, impedisce alle piante la fotosintesi e di
conseguenza la crescita colturale, ma si tratta di un evento
talmente eccezionale che non conosciamo ancora le conseguenze
effettive. Polvere lavica, lapilli e mancanza di pioggia sono
le cause che hanno bloccato la raccolta in fase iniziale degli
agrumi. "Si rischia di rovinare la produzione - spiega Maurizio
Cosentino, imprenditore agricolo - in quanto la buccia sporca a
contatto con la mano crea attrito e quindi mette a rischio la
conservazione dell'agrume". Se non dovesse piovere, si
comprometterebbe una delle produzioni più importanti di tutta
la Sicilia in quanto la polvere si cristallizza creando un
danno strutturale. A questo si aggiunge che gli agrumi sono in
fase di maturazione e di conseguenza se i granelli neri
riescono a penetrare possono far marcire tarocchi, mandarini e
limoni. Anche per la zootecnia, soprattutto quella transumante,
tipica della zona etnea l'eccezionalità dell'evento danneggia
gli allevatori costretti a far riscorso alle già esigue scorte
di foraggio in quanto ovini e bovini non possono sfamarsi con
l'erba che le timide piogge di ottobre avevano fatto crescere
nelle zone montuose. Impossibilità di accedere alle aziende,
boschi di pineta invasi dalla lava, interi campi e serre
coperti da polveri e ceneri - rileva la Coldiretti - sono i
primi effetti della ripresa dell'attività eruttiva dell'Etna
sull'agricoltura delle aree circostanti il vulcano. La
Coldiretti di Catania ha chiesto l'immediato intervento
dell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura per la
valutazione dei danni alle colture e alle strutture aziendali
per lo stato di calamità, ma anche nelle vicine Provincie di
Siracusa e Ragusa si segnalano disagi alle attività aziendali e
danni alle piantagioni per gli effetti delle ceneri sulla
normale attività traspiratoria e fotosintetica delle piante. La
fitta coltre di polvere che sta investendo le piante provoca
infatti - spiega la Coldiretti - il duplice effetto di
ostacolare gli scambi gassosi per l'occlusione degli stomi
delle foglie e di ridurre o bloccare, nei casi più estremi,
l'attività di fotosintesi delle coltivazioni di agrumi, ulivi,
viti, frutta e ortaggi che sono produzioni agricole di pregio
caratteristiche delle zone del catanese, del siracusano e del
ragusano limitrofe all'area del vulcano. Effetti determinati
dalla ripresa dell'attività dell'Etna che - continua la
Coldiretti - non risparmia il settore agricolo e che si
aggiungono ai danni più evidenti e spettacolari causati dalla
colata lavica su boschi ed infrastrutture civili, turistiche e
produttive. Anche le coltivazioni in serra - prosegue la
Coldiretti - rischiano di essere indirettamente danneggiate
dallo strato di polvere che si deposita sui film plastici di
protezione, riducendo la penetrazione della radiazione luminosa
e di conseguenza l'efficienza fotosintetica delle piante. Una
situazione - precisa la Coldiretti - ancora più grave nelle
zone più vicine all' Etna colpite dalla ricaduta di ceneri e
lapilli incandescenti, dove oltre ai timori per la popolazione,
si riscontrano danni ai frutti, agli ortaggi, alle serre e agli
animali. L'andamento stagionale, con temperature oltre la media
del periodo - conclude la Coldiretti - non aiuta peraltro le
piante a riprendersi dagli stress causati dall'attività
vulcanica di questi giorni.
Per informazioni Ufficio Stampa Coldiretti Sicilia:
335.7861728
091.280024
tratto da Panorama - 30 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Berremo meno, berremo caro
Gli scongiuri non sono serviti a nulla e l’atteso pronostico che l’Associazione enologi italiani stila ogni anno sugli esiti della vendemmia in corso è piombato sui produttori di vino con l’effetto di un’ennesima grandinata.
La produzione subirà un brusco calo del 10%. Si andrà dal +5% di Toscana, Marche e Campania al -20% di Veneto, Puglia e Sicilia a causa dei gravi danni provocati da fenomeni atmosferici di segno opposto. Infatti, mentre a Nord i viticoltori piangono per i disastri causati dai violenti temporali che hanno distrutto le uve in piena maturazione, a Sud è stata una siccità spietata, come non se ne vedeva da decenni, a impedire addirittura alle piante di crescere.
PREZZI ALL’INGROSSO
I prezzi all’ingrosso delle uve vendemmiate precocemente e dei relativi vini sono già lievitati dal 15 al 30% a seconda delle zone e delle varietà, con punte anche del 40% per alcune partite.
"Per i vini in generale la tendenza è verso un diffuso aumento, con punte decisamente elevate per i prodotti disponibili in minore quantità. Per la prima volta dopo diversi anni, riprende quota anche il vino bianco", afferma Giuseppe Martelli, il direttore generale dell’Assoenologi le cui affermazioni hanno gettato sconforto tra gli operatori che pure si attendendevano cupe previsioni.
Ma se i consumatori dovranno accontentarsi di bere meno, potranno almeno bere meglio con l’annata 2002? Martelli è prudente: "La qualità sarà molto eterogenea. Nella stessa regione il sufficiente si scontra con l’ottimo e il mediocre con l’eccellente. Nel complesso si tratterà di un’annata buona, ma con rare punte di ottimo e molte di medio. Per le uve tardive è possibile un recupero solo se le condizioni climatiche delle prossime settimane lo permetteranno".
I PIEMONTESI
Costeranno carissimi i pregiati piemontesi: Barolo e Barbaresco accusano una crisi epocale; quei pochi che riusciranno a produrne di buoni imporranno prezzi proibitivi per i loro Docg. Insiste Martelli: "Quantitativamente parlando si prevede nel Nord-Ovest una produzione inferiore di almeno il 10% rispetto alla passata campagna, con punte anche del 30% in certe zone e per alcune varietà. Per quanto riguarda il Moscato, ad esempio, alla stato attuale si stima un decremento di almeno il 15% rispetto alla passata campagna".
Disporre di meno Moscato significherà bere meno Asti come sanno gli intenditori, il tipico spumante dolce italiano che fa da contraltare allo Champagne, notoriamente secco.
SALVATO L’OLTREPO LOMBARDO
In Lombardia sembra essersi per ora salvato l’Oltrepo Pavese, ma la Franciacorta (in provincia di Brescia vi si produce l’omonimo e apprezzato spumante metodo classico) dove le grandinate di fine luglio e inizio agosto hanno segnato irrimediabilmente diverse zone, si lamentano perdite in alcuni vigneti fino all’80%.
Una caduta consistente si avrà anche in Valtellina, dove si producono il Sassella, l’Inferno e il particolare Sfursat da uve appassite. Quest’ultimo si rischia di perderlo per la pericolosa umidità che nel Veneto minaccia un altro grande rosso prodotto in maniera analoga, l’Amarone.
VENETO E TRENTINO-ALTO ADIGE
Tuttavia il Veneto, una delle regioni più colpite dal maltempo, dovrà alzare i prezzi un po’ per tutti i suoi vini: dal Soave al Bardolino, dal Bianco di Custoza al Lugana, con alcuni viticoltori che non potranno chiedere nulla per il loro Valpolicella per il semplice motivo che non ne avranno da vendere.
Nel Trentino-Alto Adige (-10% la media regionale), si registrano perdite fino al 50% per le uve a maturazione precoce, come il Pinot Grigio e il Sauvignon, semidistrutte dai temporali. Ci si consolerà con il finissimo Müller Thurgau dell’Alta Val di Cembra, dove non si lamentano danni particolari ai vigneti.
EMILIA E TOSCANA
In Emilia si prevede un leggero incremento nella produzione di Lambruschi, compensata dalle perdite della Romagna che dovrà rinunciare a una parte del suo celebre Albana. Intanto i toscani incrociano le dita. I loro vigneti sono stati finora risparmiati dai capricci atmosferici, ma sono anche tra quelli che rischiano di più nelle prossime settimane. Per il Chianti, ma anche per il Brunello e per il Vino Nobile di Montepulciano, si utilizzano infatti uve a vendemmia tardiva, come il Sangiovese, che dovranno restare sulle piante fino a ottobre inoltrato.
MARCHE E SUD
Nelle Marche se la dovrebbe cavare bene il Rosso Conero ma non il Verdicchio, la cui zona di produzione è stata martellata dalla grandine, con devastazioni in alcuni casi pressoché totali. Si considerano fortunati gli Abruzzesi, il cui Montepulciano non ha sofferto e verrà quindi prodotto nelle solite quantità.
Annata nella media anche in Campania, dove è considerato salvo il Falanghina, che vanta una domanda in ascesa da anni. Tra le regioni del Sud più vocate alla viticoltura piangono invece Sicilia e Puglia, danneggiate non dalle tempeste ma dalla siccità.
"Ci troviamo in una condizione paradossale - spiega Carlo Casavecchia, direttore generale della Duca di Salaparuta, nota per i suoi vini Corvo imbottigliati in provincia di Palermo - chi ha potuto intervenire sui vigneti con l’irrigazione di soccorso è riuscito a trarre vantaggio dalla siccità, ottenendo uve che hanno concentrato le sostanze pregiate.
Ma dove questo non è stato possibile le piante non sono neppure riuscite a vegetare e tutto è andato perduto".
Pesanti ipoteche pesano sul Passito di Pantelleria e sul Marsala di maggior qualità, quello Vergine, per il quale vengono utilizzate soprattutto uve Grillo, la cui resa già normalmente scarsa lo diventa ancor più se coltivate vicino al mare. In questo caso il calore e la salsedine determinano un inspessimento delle bucce e di conseguenza un aumento delle sostanze pregiate, aromatiche e coloranti, che contengono. Ma quest’anno i venti caldi dall’Africa hanno soffiato implacabili, decimando molti vigneti.
Infine la Sardegna appare divisa in due, con il nord regolare (bene quindi il profumato Vermentino di Gallura e il robusto Cannonau) e il cagliaritano alle prese con un clima subdesertico che ha asciugato le viti dalle quali si ricavano il Mònica e il Carignano del Sulcis.
Appuntamento a fine ottobre, quando tutte le uve saranno in cantina e l’Associazione enologi potrà tirare le somme a bocce ferme di questa pazza annata.
Quantità prodotte regione per regione. Le previsioni AEI sulla vendemmia in corso.
Secondo l’Associazione enologi italiani con la vendemmia 2002 non si otterranno più di 47 milioni di ettolitri di vino, con un calo del 10% sul già scarso 2001.
Come andrà nelle varie regioni:
Piemonte -10%
Lombardia -10%
Veneto -20%
Friuli -10%
Trentino Alto Adige -10%
Emilia Romagna =
Marche +5%
Toscana +5%
Abruzzo =
Lazio -5%
Campania +5%
Puglia -20%
Sicilia -20%
Sardegna =
Altre -10%
Totale -10%
tratto da La Nazione - martedì 29 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
A un passo dalla «Dop» l'olio di olivastra seggianese
di Franco Fazzi
AMIATA. «Nonostante qualche scetticismo, causato dalla scarsa conoscenza delle reali dinamiche di mercato, continua il momento d'oro della nostra agricoltura di qualità».
Il presidente della Comunità montana, Giovanni Alessandri, fa il punto della situazione sulla politica di riqualificazione della produzioni ad alto valore aggiunto dell'Amiata: «Giusto alcune settimane fa è cominciata la commercializzazione delle castagne certificate 'Igp' della montagna, la produzione vinicola nell'ambito della 'Doc Montecucco' sta conquistando nuovi spazi commerciali ed altrettanti estimatori, ed ora, finalmente, siamo in grado di riavviare le procedure per il riconoscimento della 'denominazione di origine protetta' per l'olio di olivastra seggianese». Le pratiche per la certificazione dell'olio amiatino, furono avviate all'inizio degli anni '90, ma l'operazione fu «sospesa» dalla Regione - i maligni dicono a seguito della attività di «lobbing» di alcuni grandi distributori, che imbottigliano, ma non producono in Toscana - che all'epoca cercò di creare una Dop regionale unica. Recentemente la Regione è tornata sui propri passi, avendo compreso che l'olio, come il vino, è un prodotto tanto più remunerativo, quanto legato e connotato dalla sua provenienza specifica. E infatti il Chianti classico e le Colline senesi hanno già ottenuto la prestigiosa certificazione Comunitaria. «Assieme alla Provincia - spiega Alessandri - abbiamo provveduto alla redazione del disciplinare 'Dop Seggiano', che insisterà sugli 8 comuni dell'Amiata, così come è stato fatto anche per il resto del territorio, per il riconoscimento della 'Dop Colline di Maremma', che comprenderà gli altri comuni del grossetano». Nei prossimi giorni verrà costituito un Consorzio a tutela dell'olio extra vergine d'oliva, prodotto da olivastra seggianese, e successivamente saranno avviate le pratiche per l'ottenimento della certificazione da parte della Ueo. «Al consorzio - conclude Alessandri - hanno già aderito 60 produttori, 20 dei quali sono imbottigliatori; sono sicuro che con il riconoscimento della 'Dop Seggiano', unico prodotto 'monovarietale' della Toscana, contribuiremo ad alimentare ulteriormente il felice momento delle nostre attività produttive».
tratto da Corriere della Sera - martedì 29 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Prevenzione cardiovascolare con due bicchieri di vino rosso
Il vino rosso batte quello bianco nella prevenzione cardiovascolare: due bicchieri di nettare rosso al giorno riducono del 20 per cento il rischio di infarto. Sono i risultati di uno studio, condotto su 20 soggetti sani dai ricercatori guidati da Francesco Violi, primario di Medicina Interna del Policlinico Umberto I - Università «La Sapienza». La novità è legata al fatto che l’equipe di Violi ha scoperto, per la prima volta, il meccanismo attraverso il quale alcune sostanze contenute nell’uva (chiamate «polifenoli» o «flavonoidi»), attraverso un’azione sinergica, riescono a rimuovere il colesterolo (grasso) nelle arterie e riuscire così prevenire del 20 % l’infarto, l’ictus cerebrale e le altre malattie cardiovascolari. Quindi il vino rosso ha un’azione più che doppia, rispetto al bianco, nel contribuire a prevenire le malattie cardiovascolari. Nello studio sono state anche individuate, tra i polifenoli, le sostanze responsabili di questo fenomeno. «Abbiamo preso in esame due gruppi di dieci soggetti sani ciascuno - spiega Violi - Al primo gruppo sono stati somministrati per 15 giorni due bicchieri di vino rosso al giorno, durante i pasti principali. Al secondo la stessa quantità di vino bianco». Confrontando le analisi prima e dopo la ricerca, gli studiosi hanno trovato nel sangue di chi aveva bevuto vino rosso una quantità di «polifenoli» superiore, a seconda dei casi, del 50-100 % rispetto a quella riscontrata nel sangue di chi aveva bevuto il bianco. «Bere una quantità di vino superiore ai 2 bicchieri al giorno - conclude Violi - è inutile e dannoso, perchè non si aumentano le sostanze antiossidanti nel sangue».
F. D. F.
tratto da La Stampa - lunedì 28 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
DA ARBORE A PANARIELLO, OSPITI FAMOSI NEGLI STAND ALLESTITI AL LINGOTTO
Il "Salone del Gusto" supera quota 130 mila
di Emanuela Minucci
Il Salone del Gusto sta agli altri saloni (in quanto a successo di pubblico) come Striscia la notizia alle trasmissioni concorrenti? Pare proprio di sì, dal momento che ieri alle 15 si è raggiunta la meta record di 124 mila visitatori, pari alla cifra di chiusura dell´edizione precedente (ma con la prospettiva di 24 ore di biglietti ancora da staccare). Sarà per questo motivo, allora, che le Veline hanno scelto per la loro prima uscita pubblica, cullate dal delirio di una folla incuriosita, proprio la grande festa di Slow Food. Giorgia Palmas, 20 anni e la torinesissima Elena Barolo (astemia, nonostante il cognome, ma convinta che al Lingotto c´è "gioia allo stato puro") 19, jeans, giubbotto di pelle e trucco leggero, si sono manifestate allo stand della Regione Piemonte alle 15 di ieri, attese dal padrone di casa Enzo Ghigo in edizione famigliare, accanto alla moglie Anna e al figlio Pit. Nel salotto sospeso in cima al secondo padiglione, sempre ospite della Regione, un altro bell´assortimento di personaggi televisivi, da un Renzo Arbore impegnato nella salvaguardia del Cardoncello "che è molto più buono del porcino checché ne dica Chiambretti che ieri ci ha ospitato ai Birilli per un derby gastronomico", a una Marisa Laurito in tailleur verde fluo sino a un altro immancabile del clan, Giorgio Bracardi. A deliziare il palato dei presenti, l´espresso solido creato da Adrià per Lavazza, agnolotti al Barolo, e cioccolatini della tradizione. "Sono davvero soddisfatto dell´esito di questo Salone, il suo successo ha innescato e potrà innescare sempre più un circolo virtuoso: facendo leva su una nuova cultura discenderanno risultati economici e occupazionali. Siamo lieti di dimostrare che c´è una nuova attenzione verso chi lavora la terra, produce vino come salami". E mentre il vicepresidente di Slow Food comunicava al presidente le cifre di un successo di pubblico senza precedenti, intanto, ai piani bassi del Salone si faceva quasi a botte per conquistare un pezzetto di pane di Altamura intinto nell´olio "nouveau", oppure un posto all´osteria della Regione Emilia (ma anche Toscana, Puglia sino a completamento della penisola). In serata, per la gioia dei fan è arrivato anche Panariello che ha cenato allo stand della Toscana. E mentre fra la Via del Pane, dei Dolci e del Pesce c´era uno struscio che neanche alla vigilia di Natale in via Roma, allo stand di Slow Food cominciava a circolare l´ultimo (utilissimo) pieghevole prodotto in collaborazione con la Camera di Commercio intitolato "Maestri del Gusto a Torino". Una carrellata di produttori o rivenditori scelti sul territorio in base a quelle regole che da sempre rappresentano il terreno preferito dello Slow-system. "Alcune delle migliori realtà del settore - spiega il presidente della Camera di Commercio Pichetto nell´introduzione - selezionate non soltanto dal punto di vista della qualità organolettica e della tipicità, ma anche da quello delle caratteristiche igienico sanitarie". Nel prezioso librino sono racchiusi nomi eccellenti - per citarne soltanto alcuni - come la macelleria Curletto, i formaggi Borgiattino, il caffè Fiorio, il cioccolato Peyrano, il pastificio Elia. Oggi sulla maxi-performance della chiocciola - mai così veloce a incassare consensi calerà il sipario - gli occhi sono già puntati sulla quinta edizione.
tratto da Il Messaggero - lunedì 28 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
E il Piceno spopola al Salone del gusto
ASCOLI - E' iniziata nel migliore dei modi l'avventura al Salone del Gusto di Torino delle quindici aziende del settore agroalimentare riunite nel progetto Marca Picena, promosso da Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli in collaborazione con le associazioni di categoria dei settori agricolo (Cia, Coldiretti e Unione provinciale allevatori) e industriale (Camera di Commercio e Associazione degli Industriali). Nelle prime giornate della grande esposizione torinese, che registra la presenza di centinaia di migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo, lo stand di Marca Picena è stato tra i più visitati da operatori commerciali, giornalisti della stampa specializzata e da semplici appassionati, anche grazie ad un allestimento accattivante e ricercato negli arredi e negli allestimenti con i colori e le immagini fotografiche del territorio piceno e arricchito da pregiati pezzi dell'artigianato artistico locale, come gli anelloni e gli scudi in bronzo, i cesti e i merletti al tombolo. "Il Futuro della Tradizione", questo lo slogan di Marca Picena ideato dal coordinatore del progetto Janiki Cingoli, rappresenta alla perfezione l'ecosistema gastronomico piceno nel suo complesso: a fare bella mostra di sé e a conquistare il palato dei visitatori sono i prodotti di eccellenza del Piceno, dalle confetture e gli sciroppati al vino cotto, dall'anisetta al ciavuscolo, dai vini all'oliva tenera ascolana - sia nella versione cruda sia in quella ancor più golosa che la vuole ripiena e fritta secondo tradizione - dai pecorini ai fino ai profumatissimi tartufi dei Monti Sibillini che hanno sorpreso per qualità anche nel confronto con i più rinomati tuberi piemontesi. "E' importante -ha commentato Vincenzo Marini Marini, presidente della Fondazione-far conoscere le nostre produzioni di eccellenza, per accompagnare le imprese in un processo di sviluppo che porterà sicuramente benefici per l'immagine e per le altre attività economiche e culturali nelle diverse aree del nostro territorio: il tartufo nelle zone montane e pedemontane, il vino, l'olio e l'oliva tenera ascolana in quelle collinari e la cucina con i prodotti del mare per l'area costiera".
tratto da Gazzetta di Modena - lunedì 28 ottobre 2002 [HOME NEWS]
Castelvetro. L'annuncio dell'assessore Contri per il vino che sta conoscendo un momento d'oro nazionale
Lambruschi, una sottozona tipica per il Grasparossa
di Marco Pederzoli
CASTELVETRO. L'"avanzata" del lambrusco Grasparossa di Castelvetro non conosce sosta. E ora in nostro vino punta in alto: la giunta annuncia il progetto ambizioso e mira alla qualità e alla tipicità attraverso un rigoroso procedimento di certificazione all'interno di una sottozona specifica del lambrusco.
Archiviata la tradizionale sagra di settembre, dedicata a questo tipico prodotto castelvetrese, sono ora in cantiere altre novità. Ad annunciarle è l'assessore alle attività produttive del Comune, Davide Contri.
"Vogliamo creare - ha detto Contri - una "sottozona" del lambrusco Grasparossa di Castelvetro, con uno suo disciplinare, che punti decisamente ad offrire un prodotto di qualità. L'area interessata da questa "sottozona" - ha proseguito l'assessore - riguarda Castelvetro e le parti collinari di Savignano, Marano, Vignola e Maranello".
"Il progetto prevede anche il coinvolgimento della Camera di Commercio di Modena, dei produttori locali, della Provincia di Modena, della Regione e del Ministero delle politiche agricole".
"Per la nostra zona sarà sicuramente un altro prodotto di prestigio, un altro fiore all'occhiello per una realtà che si sta sempre più imponendo per i suoi prodotti agroalimentari".
Il sindaco di Castelvetro Roberto Maleti ha poi aggiunto: "Il nostro Grasparossa si sta sempre più affermando come uno dei migliori vini frizzanti italiani. E proprio nella recente sagra, fra le tante iniziative, ha avuto un gran successo il "processo al Lambrusco"".
Ospiti d'eccezione sono stati due "pilastri" della cultura enogastronomica italiana: Edoardo Raspelli e Paolo Massobrio. Madrina di quella serata, Maria Teresa Ruta.
In quella stessa occasione, il Lambrusco è stato "assolto" con formula piena. Commenta il sindaco: "L'apprezzamento per il nostro vino è ormai unanime. Sono finiti da un pezzo i tempi in cui qualcuno considerava il lambrusco un vino "non all'altezza". Di questo, dobbiamo dare merito anche ai nostri produttori".
tratto da Il Messaggero - lunedì 28 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
GUIDA VINI GAMBERO ROSSO
Il "Brunello" e la Toscana fanno l'en-plein
La regione si aggiudica anche l'enologo dell'anno. Tra i debuttanti si piazza la Campania
di ANTONIO PAOLINI
TORINO - Pronti, via. Ecco la prima delle grandi Guide Vini, Gambero Rosso-Slowfood 2003, presentata ieri al Salone che di Slow è la creatura. A seguire tocca, a Roma, all'Ais. Poi Veronelli e Maroni. Intanto, via ai confronti. E alla festa dei Tre Bicchieri (i top per Gambero-Slow). I cui numeri dicono di ulteriore aumento dei super-vini. E di un anno che vede la Toscana in vetta e il Brunello, il suo vino più noto (e discusso, con assertori e critici fronteggiatisi a volte senza tenerezze) tornare a mietere allori: 11 premiati, dopo un paio di stagioni avare e di polemiche dei produttori. Va detto che a fare strike è il '97: vintage ritenuto strabuono (ma bando alle logore etichette di annata del secolo, spese ormai un anno sì e l'altro pure) e fonte di parziali consolazioni rispetto alla mezza débacle, invece, della vendemmia 2002. La Toscana incamera anche il premio all'enologo dell'anno, Marco Pallanti, mago "d'altura" ad Ama. Cantina dell'anno è la star Ca' del Bosco. Il rosso è Patrimo (ma "tira" la Campania tutta): il bianco è il friulano Chardonnay de La Tour di Villa Russiz; lo spumante il trentino Methius; e il vino dolce un Asti lavorato come uno champagne, il De Miranda Contratto.
Ma il dato saliente emerso dalla Guida, al di là delle conte più spicce o del derby tra "tuscan" e mondo Barolo (20 Tre Bicchieri), è l'allargarsi costante dell'area del vino di qualità e la crescita della platea di vitigni nostrani in grado di dare frutti d'eccellenza.
Opportuno, quindi, parlare dei "deb". Quelli per la prima volta in cima. I campani Vestini-Campagnano profeti di uve indigene e autori del bel Casavecchia. O il poker Marche (ma che bel trend vive questa regione!) Velenosi, Saladini, Monteschiavo e Strologo (Rosso Conero gli ultimi, alfieri del Piceno i primi due). O ancora, nel mare toscano, il rosso Oreno di Sette Ponti, azienda nuovissima di un "prestato" dalla moda, il Moretti di Arfango. O il Roccato degli Zingarelli, che nei cromosomi, con la vigna, hanno invece il cinema. O infine il Nero d'Avola rostro d'attacco della "portaerei" enoica del vinnaiolo-banchiere Zonin.
Insieme ai nuovi, spiccano poi recuperi d'oro, grandi ritorni al top. Il più clamoroso si chiama Gravner, singolare, coraggioso guru del Collio (nel 2002 presenta un bianco del '91). Poi, dal Lazio, l'apripista Colle Picchioni. E dal Piemonte un pezzo di storia come Fontanafredda (mentre Marchesi di Barolo, altra istituzione, trionfa per il secondo anno di seguito con l'Estate). Piace, infine, un alloro che fa storia a sé. Quello al Fara, vino piemontese che pareva perso. Dessilani gli ha dedicato fede e cure. I Tre Bicchieri ne sono il riscontro meritato
tratto da La Stampa - lunedì 28 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Il mondo del vino si racconta
di Sergio Miravalle
TORINO. Un vino può valere, a volte, molto più di quanto venga venduto se ci sono significati speciali che lo rendono unico. Lo si è visto al Salone del Gusto, nell´auditorium del Lingotto, quando venerdì è stato chiamato a ritirare il diploma dei "Tre Bicchieri" il produttore del "Roero Ròche d´Ampsej `99".
Ornella ha preso per mano i suoi figli Giovanni e Brigitta, dieci e otto anni, impazienti e orgogliosi. E´ salita con loro sul palco mentre i duemila della sala li accompagnavano con un applauso lungo, intenso, commosso, che può aver stupito chi, da altre regioni, non sapeva che Matteo Correggia "l´autore di quel vino", da oltre un anno non c´è più. Ma la sua famiglia c´è e continua il lavoro avviato dal giovane produttore, vittima di un incidente sul lavoro. "Abbiamo i cantina anche l´annata Duemila, l´ultima che ha potuto curare Matteo", mormora Ornella che con quest´anno è a quota 11 "Tre bicchieri" e continua con tenacia la strada intrapresa dal marito. Poco prima Carlin Petrini, nel suo intervento appassionato e ironico, aveva messo in guardia i rappresentanti del Gotha dell´enologia italiana: "Non cercate l´immaginifico esasperato, le vostre etichette siano semplici e chiare e non griffe, basta con il saccheggio del piemontese o del latino che ormai sembra una messa cantata. I grandi di Francia nel vino mettono passione, terroir e storia. Non fatevi guidare solo dal marketing, siate autentici, mantenete i piedi per terra e, chi ce l´ha, sia orgoglioso delle sue origini contadine". Un richiamo alla terra "che è bassa" e alle scelte fatte da tanti produttori: "Sedici anni fa alla prima edizione della Guida i Tre bicchieri furono 33, oggi sono 250, un segnale di quanto siete cresciuti". I piemontesi hanno conteso ai toscani il primato regionale. Quest´anno è finita 63 a 60, ma la sfida continua. E non è solo una questione di "Tre bicchieri". Il vino è storia, tradizione, ricerca che guarda avanti, partendo dal passato. Il Consorzio del Gavi ha presentato ieri la relazione dell´agronomo Edoardo Monticelli sullo stato dei mille ettari di cortese della docg e suoi 108 biotopi originali di viti che dopo un´accurata selezione saranno i "padri" di una decina di cloni a disposizione dei vignaioli per impiantare nuove vigne. "Il Consorzio ha intrapreso la strada netta dell´ogm free, per etica e scelta di mercato. Vogliamo legare il nostro vino alla tradizione, selezionando i grappoli ideali in modo naturale" annota il direttore Maurizio Fava. Tradizione, ma con un tocco di sana follia artistica a Rocchetta Tanaro. A Casa Braida hanno affidato la loro barbera d´Asti Montebruna, ultima nata della famiglia, all´estro poetico di Bruno Lauzi. Ne è nata una poesia in rima che appare in etichetta "alla moda dei futuristi" con la scritta Montebruna che compone il nome. Esordio ieri in abbinamento al salame d´oca di Giocchino Palestro da Mortara.
Chapeau!
tratto da Il Piccolo - domenica 27 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Martedì 5 novembre l'annuale anteprima, test di tutta la produzione
Vetrina speciale del "novello"
Vicenza ospita 170 aziende
Una splendida madrina taglierà il nastro del 15.o Salone nazionale del vino novello che si svolgerà negli abituali spazi della Fiera di Vicenza (uscita autostradale Vicenza Ovest) nella sola giornata di martedì prossimo, 5 novembre. È la modella e cantante Nina Moric, 26 anni, una notorietà esplosa in Italia a "Torno sabato" su Raiuno, con Giorgio Panariello.
La data della manifestazione, che vede in anteprima in Italia tutti i vini dell'ultima vendemmia prodotti per una rapida commercializzazione, non è legata al calendario settimanale ma è fissa. La nostra legge prevede infatti che i novelli, vinificati sul modello dei Nouveau francesi del Beaujolais, possano essere venduti a partire dal 6 novembre. La Fiera di Vicenza ha la deroga ufficiale a presentarli al pubblico il giorno prima, che quest'anno cade di martedì. Sarà, come ogni anno, un evento rapido, accecante e di grande intensità della durata di 10 ore, che coinvolgerà una parte importante della migliore produzione vinicola italiana - 170 aziende - e segnerà, di fatto, l'apertura della nuova stagione vinicola 2002.
Il Salone sarà preceduto lunedì 4 novembre da un pomeriggio e una serata molto intensi. Ci sarà dapprima la presentazione alla stampa dei dati produttivi di questo particolarissimo segmento dell'enologia italiana, fiore all'occhiello di molte prestigiose aziende che si cimentano anche nel campo, per così dire, dei "prototipi". Visto che l'ultima vendemmia ha lasciato in molte regioni l'amaro in bocca, e che comunque si è trattato della più avara raccolta da mezzo secolo in qua, la radiografia che uscirà dal Salone vicentino sarà l'indicatore più preciso delle malefatte atmosferiche del 2002.
Seguiranno l'assemblea dell'Istituto vino novello italiano, che raggruppa tutti i Consorzi di produzione di questo vino diventato di moda per il piacere che procura a chi lo degusta già bell'e pronto a poche settimane dalla pigiatura, e un seminario al quale parteciperanno tutti i produttori, alla presenza del ministro per le Politiche agricole Giovanni Alemanno.
Il tema del seminario di quest'anno è particolarmente intrigante: "Il novello dalla parte di Eva". Visto che il novello è vissuto in Italia come vino specialmente dedicato ai giovani e al gentil sesso, il convegno è stato affidato all'Associazione "Le donne del vino" presieduta da Giuseppina Viglierchio di Villa Banfi. Interverranno Chiara Lungarotti, agronoma dell'omonima azienda umbra, Alessia Antinori, enologa nell'azienda leader toscana e non solo, Barbara Giannotti della Fassati, Nadia Zenato che segue le orme paterne nel Veronese, Diana de Frescobaldi che ha in mano il marketing della prestigiosa etichetta chiantigiana.
Baldovino Ulcigrai
tratto da Gazzetta del Mezzogiorno - domenica 27 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Amarezza, soltanto due sono stati citati nella guida
L'Associazione Italiana Sommelier ignora i vini della Puglia
Al "Salone del gusto", oltre ai sei prodotti "da tutelare e da salvare", sono presenti anche altri prodotti tipici della Puglia. Non ultimi anche i vini e gli oli. Val la pena a questo punto citare però un recente episodio che ci fa pensare. A Giovinazzo, nella magnifica cornice della Stella, la delegazione di Bari dell'Associazione italiana sommelier ha promosso un incontro fra il presidente nazionale, nonché presidente mondiale dei sommelier Giuseppe Vaccarini e i più importanti produttori vinicoli pugliesi. All'incontro - significativo in quanto è scontata l'azione promozionale che i sommelier svolgono in favore del vino, impegnando la loro professionalità per far meglio conoscere ai consumatori il vino adatto ad ogni piatto - era presente il "gotha" dall'enologia pugliese. Vale la pena citare i presenti - che fra l'altro avevano esposto e proposto in degustazione l'intera gamma delle proprie produzioni - le aziende Spagnoletti Zeuli, Santa Lucia, Barsento, Rivera, Torrevento, Botromagno, Pastini, Tormaresca, Accademia dei Racemi, Masseria del Sigillo, Borgo Canale, Cantele, Albano Carrisi, Consorzio Vini e Mosti Rossi, Cooperativa Pliniana, Soloperto, Vinicola savese Picchierri, Daggiano, Conti Zecca, Leone De Castris, D'Alfonso Del Sordo, Taurino, Apollonio, Rosa del Golfo, Michele Calò, Due Palme, D'Arapri, Tenute Rubino. In molti casi erano presenti i titolari della ditte. Discorsi, presentazioni, assaggi - "appoggiati" sui salumi di Romanelli di Martina e sui formaggi di Peppe Zullo di Orsara accompagnati dal pane di Altamura - sommelier e pubblico non si sono risparmiati. Lo stesso presidente Vaccarini ha avuto modo di gustare più di un prodotto. Poi dopo qualche giorno una doccia fredda: sulla guida ai vini italiani compilata dall'Associazione sommelier, solo due vini pugliesi e forse - ma non ricordiamo bene - nemmeno scelti fra quelli esposti ed apprezzati a Giovinazzo. Rammarico, almeno da parte di chi "crede" e non da ora nel vino pugliese e segue con soddisfazione le affermazioni che ora un produttore ora un altro colgono in sedi di prestigio, prima fra tutte il Vinitaly di Verona. Come possano accadere queste cose non molti se lo spiegano, ma sarebbe interessante sapere se i sommelier pugliesi hanno fatto valere le loro opinioni in sede di compilazione della guida. Ma non va dimenticata un'altra prospettiva che si apre ad un altro settore produttivo fondamentale nell'economia agricola della regione ed è quello dell'olio. Molti prodotti alimentari hanno ottenuto riconoscimenti di marchi di tutela quali la "Dop" e la "Igp". Ed i produttori hanno pensato bene di riunirsi in consorzi. Ma non era, e non è, ancora sufficiente. Occorre tutelarsi e bene anche a livello europeo e questo prima che il rullo compressore della Comunità schiacci eliminandoli o "svuotandoli" delle qualità che ne fanno il pregio, molti prodotti tipici. A questo punto i vari consorzi hanno pensato bene di riunirsi in un organismo superiore che possa riempire il ruolo istituzionale oggi vacante e procedere ad una tutela anche a livello europeo. In tale prospettiva i capofila, come pubblichiamo a suo tempo, sono stati i consorzi del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano e quello del prosciutto di Parma. L'olio pugliese si è quasi subito accordato, ma l'importanza dell'organismo di tutela è stata compresa da altri consorzi in tutta Italia e fra l'altro hanno deciso di aderire i consorzi del pane di Altamura, quello dell'aceto balsamico di Modena, quello della mozzarella di bufala campana, quello del caciocavallo silano, quello del pecorino romano e quello delle arance rosse di Sicilia.
tratto da Gazzetta di Modena - sabato 26 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Mentre domani si chiude la trilogia delle sagre
Zocca, sono ormai maturi i tempi per ottenere il marchio "marrone" Dop
Giuseppe Bondi
ZOCCA. Quante erano le macchine e le autocorriere che domenica hanno invaso il capoluogo? Una miriade. Più che una festa della castagna, sembrava un'arnia intorno alla quale un nuvolo di api faceva la...danza del miele. Domani si chiude la trilogia delle sagre con le quali Zocca ha festeggiato la castagna e i suoi derivati, con polenta, frittelle, ciacci...Ci sarà l'Ant (Associazione nazionale tumori, di Vignola) con i "ciclamini della solidarietà", l'Avis, l'Enpa fiduciariato di Zocca, l'Aap (Associazione assistenza pubblica-ambulanza) di Zocca. Per la parte culturale della festa, sarà presente nel salone delle scuole elementari in piazza Martiri, dalle 10,30 alle 20, Fiorenza Righetti (in arte "Fiorenza") con i suoi bei dipinti: "castagneti con i metàti", le "raccoglitrici di castagne", gli "interni delle povere cucine". Tutto positivo?"Ritengo maturi i tempi - dichiara l'assessore all'ambiente, Gianluigi Olmi - per il riconoscimento Dop del marrone di Zocca. Che dire poi delle centinaia di 'castagnari' che prendono d'assalto i castagneti, senza regole?". Domani si terrà anche la quarta edizione della 'Sagra della lumaca', con stand di degustazione. Alle 15, spettacolo del "Gruppo folcloristico Ballerini e Frustatori città di Vignola".
tratto da Gazzetta del Mezzogiorno - sabato 26 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Per tutti i prodotti della raccolta delle uve del 2002 potrà essere utilizzato anche il mosto concentrato rettificato
Vendemmia, via libera all'arricchimento
A confronto le opinioni dei maggiori consorzi di produttori in regione
Potenza Nei giorni scorsi il Ministero dell'Agricoltura ha dato il via libera all'arricchimento con mosto concentrato rettificato per i prodotti della vendemmia 2002 in Basilicata e in alcune altre regioni dell'Italia Meridionale. Un provvedimento che si è reso necessario a causa del cattivo tempo che non ha favorito la maturazione delle uve.
Diverso l'atteggiamento, nei confronti di tale provvedimento, da parte dei produttori locali. La Gazzetta ha interpellato le principali Cantine sociali della zona di produzione dell'Aglianico.
Il Consorzio dei Viticoltori Associati di Barile ha annunciato che farà a meno dell'arricchimento. "La nostra politica - ha detto l'enologo Sergio Paternoster - è stata quella di separare le uve più mature da quelle meno mature. Con queste ultime produrremo un vino più leggero, sugli 11 gradi, da vendere per il consumo di tutti i giorni. Con le uve più mature non ci saranno problemi perché abbiamo raggiunto una buona gradazione. Il sole di quest'ultima settimana ha aiutato molto chi ha vendemmiato un po' più tardi. Non condividiamo molto il discorso dell'arricchimento, perché non è su base aglianico".
Diversa la posizione del consorzio Basilium Winers. "Non ci sarà bisogno di fare l'arricchimento su tutti i vini, ma certamente dovremo farvi ricorso per un 15-20 per cento del prodotto. In una annata come questa è praticamente impossibile non pensare all'arricchimento, quindi riteniamo che il via libera dal ministero sia stato un fatto positivo. Anzi, sarebbe stato meglio se questo provvedimento fosse arrivato un mese fa. Invece le pratiche sono partite in ritardo dalla Regione. L'Aglianico, che è molto tardivo, ha poco bisogno di questi correttivi, ma ci sono produzioni che possono essere recuperate con l'arricchimento e per queste ultime sarebbe stato meglio intervenire con anticipo".
Infine, la Cantina della riforma Fondiaria di Venosa.
"Non siamo pregiudizialmente contrari all'arricchimento - dice il presidente Teodoro Palermo - se si parla di situazioni di grave compromissione del raccolto. Non siamo neppure favorevoli, ma in extermis è giusto farvi ricorso per salvare la produzione. Abbiamo fatto anche la domanda per l'arricchimento, però, considerato come stanno andando le cose in questi giorni non credo che ce ne sarà bisogno. Il grado che abbiamo ottenuto non è basso, i problemi maggiori li abbiamo avuti, come tutti, dalle grandinate che hanno rovinato parte del prodotto, quindi con tutta probabilità non saremo costretti a fare ricorso all'arricchimento".
Giovanna La Guardia
tratto da La Nazione - venerdì 25 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Vuole anche la Dop lo zafferano, l'oro che cresce sui colli
di Paolo Pellegrini
FIRENZE. L'oro della Toscana è giallo, ma è una polverina impalpabile che si vende in confezioni da un decigrammo, "dose" per una famiglia di quattro persone. A prezzi da capogiro: 30-35 euro al grammo, cioè 30-35mila euro al chilo, insomma tra i 58 e i 68 milioni di vecchie lire, contro i 6-7 euro al grammo della "polvere" di Abruzzo e Sardegna. Ecco perché lo zafferano era la moneta del Duecento, con la quale tra l'altro San Gimignano riuscì a diventare la Manhattan del Medioevo.
Oggi non se ne produce tanto, forse una dozzina di chili in tutta la Toscana, per un fatturato complessivo di 350-400mila euro, qualcosa più di 700 milioni in lire. Tutto in una decina di ettari, un quarto della superficie nazionale e qualche appendice in Umbria e alle Cinque Terre. San Gimignano resta la capitale del Crocus sativus, che si coltiva anche a Monteriggioni e San Quirico d'Orcia, ma questo è il momento della "Zima di Firenze", lo zafferano delle colline fiorentine:12 aziende tra Fiesole, Pontassieve e Greve in Chianti hanno costituito un comitato (altre 4-5 sono fuori) che è partito all'assalto della Dop. E la otterrà. E intanto, da oggi a domenica, organizza "Magia di un fiore: lo zafferano delle colline fiorentine". Tre giorni di trekking a cavallo ("Di campo in campo") attraverso la degustazione di pietanze tipiche, pronte anche nei ristoranti dei tre Comuni, che intanto ospiteranno altrettanti convegni: oggi alle 10 a Fiesole, per ascoltare Storie e aneddoti, e alle 17 a Pontassieve con Lo zafferano in cucina tra sapori e saperi; domani alle 10 a Greve, con I segreti per la coltivazione e la promozione. Tutto intorno a un fiore magico.
tratto da La Nazione - giovedì 24 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
La leggenda del vino dice no: «Niente Brunello del 2002»
di Paolo Pellegrini
MONTALCINO. L'etichetta nera lascia una casella vuota nella storia. Biondi Santi, la leggenda del Brunello di Montalcino, non produrrà il suo grandissimo rosso con la fascetta della vendemmia 2002. «Le uve non avevano raggiunto un perfetto stato di maturazione»: poche, semplici, chiare le parole di Franco e Jacopo Biondi Santi per spiegare la rinuncia a un business da due miliardi e mezzo di vecchie lire, un milione e 225mila euro, tanto portano in cassa le 55mila bottiglie del Brunello della tenuta Il Greppo, appunto quello con la storica, elegante etichetta nera, curato personalmente - dal campo alla cantina - da Franco e Jacopo Biondi Santi. Padre e figlio, le ultime due generazioni della stirpe che ha fatto la fortuna del Brunello, da quando Ferruccio lo inventò e lo lanciò nel 1888 sulla scorta delle intuizioni del nonno Clemente Santi.
Un mito, il Brunello, spremuto dagli acini di un Sangiovese più grosso di quello tipico della Toscana, quello del Chianti, insomma. Un mito "giovane", che nasce a metà Ottocento, ma già dal Cinquecento si narrava di terre particolarmente vocate, e uan cronaca romanzata raccontava che il comandante degli ilcinesi assediati, Blaise de Montluc, si "impomatasse" le guance di vino rosso, per ingannare il nemico sotto i bastioni, e millantare forze ormai invece allo stremo. Un mito giovane ma che ha già strapazzato tutti i record: il Brunello dei Biondi Santi è il più pagato al mondo, una bottiglia del 1891 andò all'asta nel 2001 a Roma per 29 milioni di lire, tra quelle ancora in commercio la riserva 1945 si vende a 4.680 euro, il 1955 a 4.275 (e 1.100 per l'annata '55), il favoloso 1964 va a 2.500 euro per la riserva e a 1.100 per l'annata, il '90 costa 785 e 25o euro. Vino amatissimo tra i vip, lo bevono Hillary Clinton e i reali d'Inghilterra e di Svezia, Ciampi e Berlusconi; ci fanno pazzie Megan Gale e Dan Johnson, i giocatori del Milan e il giapponese Nakata, Claudia Pandolfi e Donald Trump, Ligabue e Flavio Briatore. E si trova, ovviamante, in tutti i locali al top, da New York a Hong Kong, da Londra alla California, da Vissani a Pinchiorri.
Ma un Brunello, i Biondi Santi, nel 2002 lo faranno comunque. E' quello della tenuta Poggio Salvi, 110mila bottiglie l'anno compreso il rosso: è a pochi metri dal Greppo, ma sul versante nord est della stessa collina: un microclima diverso, «ogni microzona - avverte Jacopo Biondi Santi - fa storia a sé, basta con i giudizi generalizzati sulle vendemmie, i produttori sono i soli che possono giudicare le proprie uve». E quindi: sì al Brunello di Poggio Salvi, sì ai vini di Montepò, a Scansano, il Montepaone e lo Schidione, «il cabernet quest'anno è eccezionale, abbiamo scelto le uve grappolo per grappolo».
Quando si dice la serietà, anche nel bicchiere.
tratto da Corriere della Sera - giovedì 24 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Sabato a Torino sarà presentata la lista delle 250 bottiglie che hanno ottenuto i Tre bicchieri. La Liguria è l’unica regione assente
Sfida dei vini, dalla Campania il rosso dell’anno
Con il Pàtrimo il Sud scala la classifica di Gambero e Slow Food. La Toscana supera il Piemonte
Si chiama Serpico, è rosso, note di marasca e spezie, l’autoctono campano ricavato da uve Aglianico destinato a far parlare di sé. Un vino prodotto dalla cantina Feudi di San Gregorio a Sorbo Serpico, in provincia di Avellino, uno dei 250 «tre bicchieri» scelti da Gambero Rosso e Slow Food per la loro guida cult che verrà presentata sabato al Salone del gusto di Torino. Dietro a quella bottiglia si nasconde una piccola rivoluzione che porta i colori del Sud e di un vitigno che troverà finalmente la meritata consacrazione. AGLIANICO - «I primi a esserne convinti siamo noi degustatori», ammette Gigi Piumatti che, insieme a Daniele Cernilli, ha curato la lunga teoria di prove e controprove. Una offensiva che dispone delle vigne di Campania, Puglia e Basilicata, oggi più che mai appetite da nuovi produttori decisi a investire e scommettere sull’Aglianico. Una corsa che ha trovato un trio di assoluto rango nei panni della lepre: Enzo Ercolino, proprietario di Feudi San Gregorio con la famiglia Capaldo, l’enologo Riccardo Cotarella e il professor Attilio Scienza, consulente agronomo. In vigna, di fronte a piante con oltre cent’anni di vita e non innestate, ha preso il via questo miracolo completato in guida dal successo di un altro rosso (il migliore dell’anno, secondo i compilatori), il Pàtrimo, Merlot in purezza, nato da un vigneto di sette ettari a Pietradefusi. «Sono convinto che è giunto il suo momento - confessa Gigi Piumatti -: è un autoctono fatto per restare autoctono, non subisce il legno, ha grandi doti di specificità e morbidezza e una tannicità quasi da Nebbiolo. Il Serpico ha doti per convincere e stupire».
TOSCANA - Questa volta la spuntano i toscani con 63 segnalazioni contro 60, restano i valori complessivi prima delle considerazioni specifiche. Il Piemonte è reduce da una lunga stagione di annate positive: il ’96 per il Barolo, ’97 per il Barbaresco, ’99 per la Barbera e il 2000 per il Dolcetto e si vede superato di misura, nella scelta dei degustatori. Il Chianti segna una ripresa dopo anni di egemonia dei Supertuscan. La cantina del barone Francesco Ricasoli, il Castello di Fonterutoli, dei fratelli Francesco e Filippo Mazzei e La Massa di Panzano, guidano il rilancio. I Mazzei sono in guida con una seconda bottiglia, il Siepi, elegante blend di Sangiovese e Merlot, 25 mila pezzi, che vale in prestigio per questa pluripremiata cantina. Il Brunello è degnamente rappresentato. Due nomi: Siro Pacenti e Diego Molinari, che torna con la Cerbaiona ’97. Ancora: Lupicaia, Castello del Terriccio e Messorio ’99, Le Macchiole, da dedicare alla memoria del suo produttore Eugenio Campolmi, prematuramente scomparso.
PIEMONTE - Il Piemonte si difende con una lunga fila di barolisti, e il ritorno in guida del produttore d’antan, Bartolo Mascarello. La sorpresa è rappresentata dal moscato Asti De Miranda premiato come miglior vino dolce dell’anno e realizzato con metodo classico da Pino Scaglione per la cantina Contratto di Canelli. La vigna, appena 2 ettari, dedicata alla nonna, di origine argentina, del titolare e amministratore delegato, Carlo Bocchino, consente la realizzazione di appena di 12 mila bottiglie. «Molto lavoro in vigna e rese bassissime», confida Bocchino, che non nasconde la soddisfazione per questo suo prodotto, in carta a Parigi da Lucas Carton e a Montecarlo da Alain Ducasse. Da segnalare la presenza di una Doc storica del Nord Piemonte: Fara Caramino della cantina Dessilani nella provincia novarese. La Liguria è senza citazioni. Le isole restano prigioniere dei soliti nomi. Il Nero d’Avola (Deliella, l’etichetta), prodotto da Gianni Zonin al Feudo Principi di Butera, in Sicilia, si impone all’attenzione per la grande volontà con cui produttore ed enologo, il piemontese Franco Giacosa, hanno creato questa bottiglia. Marco Pallanti del Castello di Ama è l’enologo dell’anno. Ca’ del Bosco di Erbusco è la migliore cantina. Maurizio Zanella ringrazia e, naturalmente, lascia parlare le sue straordinarie bollicine.
Mauro Remondino
tratto da La Stampa - mercoledì 23 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Apre il 24/10 il Salone del Gusto a Torino
Cinque giorni d´immersione totale in un oceano di bontà, per scoprirsi protagonisti di degustazioni, lezioni e incontri.
Organizzano la Regione Piemonte e Slow Food
Riapre il «villaggio globale» dell'enogastronomia e dei prodotti agroalimentari. La qualità è sempre il punto di forza del nuovo Salone del gusto, organizzato dalla Regione Piemonte e da Slow Food, che si aprirà a Torino da domani fino a lunedì 28 ottobre. Il Lingotto ospiterà il Mercato del Buon Paese e il Mercato del Mondo, con 500 espositori italiani e internazionali. L´Enoteca invece proporrà 2500 etichette italiane ed estere. Ci si potrà iscrivere alla Grande scuola di educazione sensoriale con i suoi 310 Laboratori del gusto, oltre a partecipare ad eventi, conferenze e convegni sul tema dell'agroalimentare e dell'enogastronomia. Sarà un'occasione per conoscere le culture alimentari della tradizione mondiale, con i prodotti dei Presìdi italiani e internazionali, veri tesori alimentari a rischio di scomparsa, e con i 65 Appuntamenti a tavola distribuiti nei migliori ristoranti e osterie piemontesi.
tratto da la Repubblica- 23 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Ostiense, la cucina diventa cultura:eventi e corsi in nome del gusto. Inaugurata la nuova struttura di cinque piani.
Il sindaco:"Un'altra importante realtà che completa la trasformazione del quartiere"
E apre il Villaggio del Sapore
di FRANCESCA ALLIATA BRONNER
Il giorno del battesimo. A pochi mesi dalla nascita (virtuale e progettuale) della creatura "cemento, acciaio & golosità" del Gambero Rosso, ieri il sindaco Walter Veltroni ha inaugurato la città del gusto, l'unica città fondata sul sapore, che finalmente prende forma, contenuto (e sapore) negli spazi dell'ex deposito di grano del Consorzio Agrario sul Tevere, in via Enrico Fermi a Ostiense, village capitolino in divenire, dopo due anni di lavoro e circa dieci milioni di euro interamente finanziati con capitali privati. «Una struttura che oltre ad avere finalità culturali e formative ha detto Veltroni avrà un grande ruolo come promozione turistica perché Roma non deve essere solo la città della storia e dei monumenti, ma anche del mangiar bene. Un'altra importante realtà che conferma e completa la trasformazione del quartiere Ostiense Marconi, una nuova generazione di Roma che col prossimo sgombero dei Mercati generali, il nuovo Campidoglio (gli uffici si trasferiranno in questa zona), la Terza università, il teatro India, la Centrale Montemartini, multisale cinematografiche, sta diventando il "Covent Garden" capitolino».
I fuochi della grande cucina (capace di 800 coperti in contemporanea) da oggi sono accesi, le avveniristiche scale mobili a vista che ricordano gli shopping center americani salgono e scendono tra i cinque piani interamente cablati, le cantine sono colme di oltre 30 mila bottiglie tra le migliori etichette del mondo, il teatro della cucina ha alzato definitivamente il sipario. Gourmet e neofiti, cuochi e maestri ha inizio lo spettacolo, un enorme, golosissimo, didattico show food che "non ha eguali al mondo". Così il direttore del Gambero Rosso Stefano Bonilli ha voluto presentare il "suo" tempio, "una nuova realtà cittadina aperta al pubblico (ma che sarà il punto di ritrovo per eccellenza del "girone dei golosi" del Gambero Rosso e una tessera consentirà l'accesso privilegiato agli eventi più esclusivi) che vuole anche essere un contributo al rilancio dell'arte culinaria a Roma e alla sua immagine internazionale". Nei 5000 metri quadrati coperti (più 2.500 di terrazze con vista) dove a giugno scorso si sono trasferiti per primi gli studi televisivi e la redazione del Gambero Rosso Channel e a settembre sono iniziati i corsi dedicati al marketing del vino e il master in comunicazione e giornalismo enogastronomico, presenta per il 2002/2003 un cartellone farcito di attività finalizzate a colmare la lacuna che c'è nel nostro sistema d'informazioneformazione al gusto. Ma anche offrire divertimento, gioco, piacere. Dai seminari a tema (per esempio sul cioccolato, master su pizza e pane, corsi amatoriali tipo single in cucina o cuochi per gioco con allievi under 12) agli incontri sulla cucina d'autore per vedere grandi chef all'opera con assaggio finale (tra i più richiesti quello "Sotto le stelle"con Heinz Beck sul menu di fine anno) fino alle degustazioni quotidiane al bicchiere o al piatto e le dimostrazione dal vivo dei migliori pizzaioli italiani (ma anche grandi chef) sull'arte della pizza e della pasta. Una vera cittadella del piacere dove gli affari di gusto e il gusto degli affari andranno d'accordo come un'ottima Barbera su un profumato piatto al tartufo bianco. Tra gli ingredienti imprevedibili (e incredibili) con cui lo chef Fulvio Pierangelini ha condito ieri il gustoso battesimo. Prossimo appuntamento l'11 novembre, con la presentazione della guida ai ristoranti d'Italia 2003 del Gambero Rosso.
tratto da Il Corriere della Sera- 23 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Inaugurato il palazzo del Gusto: ma serve ancora tempo prima che ristoranti e negozi siano aperti al pubblico
Ostiense, la città fondata sui sapori
Veltroni: «Non c’è nulla di simile al mondo». A febbraio i primi «laureati» dei corsi
di Domenico Nucera
Da fuori sembra un enorme bastimento ormeggiato sul Tevere. Varcando la soglia si scopre invece una città, con tanto di piazze, bar, scuole, uffici, studi televisivi, negozi e teatri. «L'unica città fondata sul sapore», secondo lo slogan scelto dal Gambero Rosso per presentare la nuovissima Città del Gusto, inaugurata ufficialmente ieri mattina alla presenza del direttore Stefano Bonilli e del sindaco Water Veltroni. Un edificio di cinque piani in via Fermi che mantiene intatta la sua vocazione gastronomica (era un ex deposito di grano), ristrutturato in base al progetto di Manlio Amato e Vincenzo Criscione (ma un pool di architetti ha poi seguito i lavori interni). Due anni di lavoro e 10 milioni di euro, per un’opera senza precedenti nell'atlante della gastronomia internazionale: una cittadella di 5 mila metri quadrati, più 2 mila 500 di terrazze, interamente dedicata al cibo e al vino in tutte le declinazioni.
«Non c'è nulla di simile al mondo, né a Parigi né a New York. E questo significa che Roma non vive solo del suo passato, ma è una città vitale ed energica, che riconosce il gusto come uno dei motori principali del turismo», secondo la sintesi del sindaco Veltroni. E basta salire al quinto piano, a quota 25 metri, per osservare da un inedito punto di vista un pezzo di città che cambia. Oltre il Tevere, la vecchia area industriale del quartiere Ostiense, che lentamente si trasforma in un parco archeologico contemporaneo. Senza monumenti - tranne forse la mole leggera del Gazometro, uno dei nuovi simboli della città -, ma con vecchie strutture riportate in vita come spazi di aggregazione e cultura. In questo caso cultura gastronomica, da sempre argomento caro a Stefano Bonilli: «L'Italia può vantare una grande tradizione di cucina, ma fino ad ora sono mancate valide scuole di formazione per insegnare gastronomia a tutti i livelli».
I primi 21 «laureati» usciranno a febbraio, dopo il master in comunicazione e giornalismo enogastronomico iniziato lo scorso 30 settembre, ma tra poco prenderanno il via anche i seminari tematici, i corsi amatoriali e quelli rivolti ai «food manager»: oltre 50 proposte formative tenute da professionisti e grandi nomi della ristorazione italiana. Ma accanto all'accademia, spazio soprattutto alla pratica e al piacere della degustazione: daiprossimi giorni saranno in funzione un bar con caffè e stuzzichini, un «kitchen shop» con libri e oggettistica culinaria, una pizzeria-laboratorio dove si alterneranno i grandi pizzaioli italiani e uno spettacolare wine bar in terrazza, con 30 mila bottiglie. A guardare bene, si direbbe che manchi solo il ristorante: il Teatro della Cucina, luogo simbolo della cittadella, somiglia più a un teatro «fin de siècle», con tanto di platea rialzata, ringhiere di ferro battuto, colonnine dorate, specchi e lampioncini, che a un classico ristorante. Nessuno «chef resident» sul palco-cucina, ma grandi cuochi di tutto il mondo chiamati in tourneé gastronomica con le loro brigate. E i clienti, prima di sedersi a tavola, firmeranno una liberatoria per le immagini che verranno trasmesse in diretta. La Città del Gusto è infatti un centro multimediale ad alto contenuto tecnologico (quello di Rai Sat - Gambero Rosso Channel), interamente cablato per poter inviare le riprese direttamente ai due banchi di regia. Ne uscirà uno spettacolare show-food in cui i clienti al tavolo saranno sia spettatori che attori in scena.
CITTÀ DEL GUSTO, via Enrico Fermi s.n.c., Roma, tel. 06.5852121
tratto da La Gazzetta del Sud- 23 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
PRESENTATO IL CONSORZIO DI TUTELA
Il vino di Pachino finalmente doc
Il Consorzio di tutela dei vini doc di Pachino è stato presentato ieri a Roma, nella sede del ministero dei Beni culturali, dal sottosegretario Nicola Bono secondo cui «i prodotti enogastronomici italiani sono veri e propri beni culturali da valorizzare». Da qui la promozione della Sicilia sud orientale anche attraverso i suoi vini, l'Eloro doc e il Moscato di Noto doc, protetti da oggi dal Consorzio e che vengono realizzati con un vitigno, il Nero d'Avola che per anni è servito «solo» per «aggiustare il sapore» di pregiati vini francesi. Pachino, lembo di terra famosa per i piccoli e saporitissimi pomodori, rilancia dunque sul vino che, insieme ad altri prodotti tipici garantisce lo sviluppo economico e sociale della Sicilia che, ha ricordato Bono, «passa anche attraverso la valorizzazione dei suoi prodotti tipici». Recente è la legge regionale sull'istituzione delle "Strade e delle Rotte del vino" che, ha osservato il sindaco di Pachino, Sebastiano Barone, rappresenta un altro importante momento cui potranno convergere in un proficuo e fattivo progetto di sviluppo i consorzi di tutela, le amministrazioni locali, l'Associazione "Città dei sapori", l'Associazione "Città del vino". Ed è un vino carico di storia, quello siciliano presentato ieri a Roma. Il giornalista e scrittore Salvatore Spoto, nel suo ultimo libro "Sicilia antica" (editore Nerwton & Compton ), ne descrive per esempio l'uso che ne veniva fatto in occasione dei simposi, quando, insieme alle poesie d'amore di Saffo, esule in Sicilia, agli "Idilli" di Teocrito e di altri poeti dell'epoca, serviva a rallegrare i commensali. Veniva, infatti, utilizzato - spiega Spoto che sull'argomento ha svolto approfondite ricerche - per il gioco del kottabos, destinato a diffondersi non solo nel bacino del Mediterraneo ma anche sul Tirreno. Gli Etruschi ne andavano pazzi e testimonianze di questo gioco si possono trovare anche nei musei. Così il gioco: i partecipanti, dopo avere bevuto, lasciavano poche gocce di vino sul fondo della coppa. Quindi, con l'abilità conseguente alla pratica, le lanciavano su un piatto posto in equilibrio su un'asta bronzea, ornata da pendagli. Questo, se colpito, cadeva a terra tra il tintinnare del metallo. Al vincitore toccava un premio, quasi sempre si trattava di un'ancella presente al simposio.
tratto da Il Giorno - venerdì 18 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
E' di Desio il campione dei sommelier italiani
«Ma per lavorare sono emigrato in Svizzera»
MILANO. Che la Lombardia sia terra di palati fini lo conferma il trionfo di Fabio Miccoli, 21 anni, di Desio. Ieri l'altro, a Riva del Garda, l'Ais, Associazione italiana sommelier, lo ha incoronato miglior sommelier dell'annata 2002. Secondi alla pari altri due lombardi: Savino Angioletti e Luisito Perrazzo. Miccoli, che ha intascato un assegno da 5mila E più vari altri premi, è felice ma non si monta la testa:
«Non andrò ai Mondiali di New York: sono ancora troppo giovane e voglio prima fare esperienza.
Tornerò in pista per il titolo europeo, fra quattro anni».
Dove lavora?
«Al Grand hotel "Villa Castagnola" di Lugano».
Un emigrante: perché?
«Perché in Svizzera si lavora benissimo. Sono conservatori, ma, professionalmente, molto aperti e innovatori. E la posizione è strategica, perché qui s'incrociano tre grandi tradizioni: italiana, francese e tedesca».
Quando ha cominciato a degustare?
«Mi sono diplomato all'Ais tre anni fa, con Claudia Moriondo. E ho capito che era la mia strada».
Le piace il vino? E' un bevitore?
«Nell'ordine: sì, moltissimo. No, assolutamente: un bevitore normale».
Quante bottiglie ha già assaggiato?
«Direi qualche migliaio».
La migliore?
«Forse un Cheval blanc del '78, un Saint-Emilion. Bordeaux, per intenderci».
Fra le italiane?
«La mia regione preferita è la Sicilia. Diciamo allora un Santa Cecilia di Donnafugata. L'annata? A pari merito, '98 e '99».
A. M.
tratto da Il Centro - venerdì 18 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
MONTEPULCIANO D'ABRUZZO
Il rosso teramano diventa "Docg"
C'è l'ok del comitato nazionale vini: fra due mesi il decreto
TERAMO. Salto di qualità per il vino teramano che tra due mesi al massimo otterrà la Docg (denominazione d'origine controllata e garantita). L'attestazione sarà accordata al "Montepulciano d'Abruzzo delle Colline Teramane", unico vino abruzzese ad ottenere questo prestigioso riconoscimento alla qualità. In Italia sono poche decine i vini che possono fregiarsi della Docg. La differenza con gli altri Doc sta nella qualità dei controlli, molto più severi, e nel tipo d'invecchiamento. Tali vini, devono inoltre portare un contrassegno dello Stato che ne attesti la garanzia dell'origine e la qualità. La decisionei di assegnare la Docg al vino teramano è stata presa ieri nella seduta dal Comitato Nazionale Vini, organo del ministero delle Politiche agricole, che ha approvato, con votazione unanime, il disciplinare in cui sono indicati tutti i requisiti: dalla delimitazione della zona, alla percentuale di vigneti coltivati, all'invecchiamento. Il disciplinare, in pratica, fissa le regole per produrre questo tipo di vino. Il documento approvato deve ora essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e, una volta trascorso il termine di 60 giorni, senza ricorsi, sarà sancito con apposito decreto ministeriale il riconoscimento della Docg.
«E' un motivo di grandissima soddisfazione», dice Giustino Di Carlantonio, presidente della Camera di commercio, l'ente che ha seguito fin dall'inizio la battaglia per l'assegnazione della Docg, «non soltanto per i produttori, che sono stati premiati per avere sempre seguito la politica della qualità, ma anche per il territorio provinciale, che accresce la sua immagine grazie alla valorizzazione dei suoi prodotti tipici, e per la Camera di commercio, che ha assistito i produttori in questo iter lungo e difficile».
tratto da Il Denaro - mercoledì 16 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
AVELLINO PRIMA PROVINCIA ITALIANA CON TRE VINI INSIGNITI DEL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO
Presto tre marchi docg per l'Irpinia
IL FATTO
Entro la fine dell’anno Avellino potrebbe essere la prima provincia italiana con tre vini a denominazione di origine controllata e garantita. E’ partito, infatti, l’iter ministeriale per l’assegnazione del prestigioso marchio di qualità al Fiano di Avellino e al Greco di Tufo. Nei giorni scorsi gli esperti della commissione ministeriale hanno prelevato alcuni campioni dei due vini irpini per esaminarli dal punto di vista fisico e organolettico. I risultati verranno resi noti entro ottobre. Il 5 e il 6 novembre si procederà all'assaggio dei vini e successivamente con un'audizione pubblica della commissione vitivinicola e dei sommelier all’attribuzione del marchio.
di Filomena Labruna
E' iniziato ufficialmente l'iter che porterà entro la fine dell'anno il marchio docg sul Fiano di Avellino e sul Greco di Tufo. Un decreto di riconoscimento particolarmente atteso perché così l'Irpinia diventerà la prima provincia italiana con tre vini a denominazione di origine controllata e garantita. Gli esperti della commissione ministeriale per la degustazione dei vini, accompagnati da due membri dell'Ispettorato agrario e due rappresentanti della Camera di commercio, hanno prelevato alcuni campioni di Greco e Fiano per esaminarli dal punto di vista fisico e organolettico. I risultati verranno resi noti entro un mese. Il 5 e il 6 novembre si procederà all'assaggio dei vini e successivamente con un'audizione pubblica della commissione vitivinicola e dei sommelier, verrà attribuito il prestigioso marchio di qualità. L'area vitivinicola del Greco di Tufo comprende i territori comunali di Tufo, Santa Paolina, Montefusco, Petruro, Cianche, Torrioni, Altavilla irpina e Prata Principato Ultra. Il Fiano di Avellino si produce nella zona che comprende il territorio amministrativo dei comuni di Avellino, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, Santo Stefano del Sole, Sorbo serpico, Salza irpina, Parolise, San Potito, Candida, Manocalzati, Pratola serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia irpina, Sant'Angelo a scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Lapio, Contrada, Ospedaletto, San Michele di Serino. I due nuovi docg andrebbero ad aggiungersi al Radici Taurasi docg. Piero Mastroberardino, titolare dell’omonima prestigiosa casa, sottolinea le notevoli potenzialità della filiera del vino e si sofferma sul fatto che le produzioni stiano andando in direzione della qualità dei prodotti e dei processi, della crescente specializzazione delle competenze sia in vitivinicoltura che in enologia.
Tante, insomma, le prospettive legate al vino, anche se nell'ultimo periodo, alcune visioni un pò estreme, fortemente orientate al business, hanno spinto alcuni operatori pubblici e privati a scelte non felici. Si registra, infatti, una spinta a modificare la concezione di tutela delle produzioni del territorio e ad aprire verso produzioni non tipiche del territorio, la cosiddetta viticoltura internazionale. Il che potrebbe determinare un indebolimento del distretto vitivinicolo, e un'alterazione dei fattori di successo che hanno accompagnato la crescita e la visibilità internazionali delle produzioni irpine.
tratto da Il Messaggero - lunedì 14 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
IL CASO
Champagne, l’oro da bere batte la crisi
di ANNA MARIA POLI
PARIGI - Mentre le Borse crollano, i deficit diventano voragini, la disoccupazione cresce e le alluvioni rovinano i vitigni di mezza Europa, lo stato di salute dello champagne sembra essere l'unica buona notizia economica del 2002: millesimo "straordinario", fatturato in crescita, esportazioni al rialzo. I produttori di champagne, grandi maisons, viticultori e cooperative, riuniti nel Civc (Comitato interprofessionale del vino di Champagne) ostentano i successi: quest'anno nel mondo saranno vendute 280-285 milioni di bottiglie di champagne, destinate a salire a 300 milioni tra tre-quattro anni, quando sarà commercializzata l'annata 2002, una cifra cioè vicina al tetto massimo di produzione, che resta limitato ai 38mila ettari della zona Aoc (denominazione di origne controllata), dove restano solo più 500-mille ettari non sfruttati. Lo champagne, cioè, pur essendo la zona Aoc più piccola di Francia, esporta tanto quando il Bordeaux, area quattro volte più estesa. Lo champagne ha avuto nel 2001 un fatturato di 3 miliardi di euro, di cui 1,4 all'esportazione (il 45% del fatturato è dato cioè dall'export, che pero' riguarda solo il 37% delle bottiglie, visto che all'estero vengono vendute soprattutto le marche più care).
La crescita dei consumi di champagne continua ad essere forte, malgrado la crisi (più 14% di vendite entro agosto 2002). I margini nei mercati esteri sono ancora grandi: mentre in Francia ogni abitante beve in media tre bottiglie di champagne l'anno, in Gran Bretagna, primo importatore, la media è mezza bottiglia a testa, mentre ci vogliono 15 statunitensi per vuotare una bottiglia di champagne e addirittura 40 giapponesi. L'Italia, mercato difficile perché la scelta predominante è per la produzione locale, è tra i primi dieci importatori, con più di 7 milioni di bottiglie l'anno e la produzione di spumanti non ha inciso sulle vendite di champagne. I produttori di champagne hanno solo un punto nero: la lotta contro la contraffazione e l'uso improprio del nome. Ogni anno ci sono centinaia di processi, spiegano al Civc, per difendere il nome. Tra gli ultimi casi, una birra belga che è stata battezzata Champagne beer, un bagno schiuma che aveva usurpato il nome, uno yogurt chiamato champagne in Svezia o addirittura, un'acqua minerale per cani e gatti battezzata con il nome del prezioso vino e venduta a più di 9 sterline in un lussuoso grande magazzino di Londra. Ma se in Europa il nome è generalmente protetto, le cose sono molto più difficili negli Usa: il problema riguarda anche altri vini europei (dallo chablis al chianti), i nomi vengono usurpati perché la legge statunitense non riconoscere la denominazione di origine controllata.
tratto da Alto Adige - domenica 13 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
CITTA' DEL VINO
L'antico vitigno da salvare
Scienza: «Una banca dati per valorizzare i vini locali»
MEZZOLOMBARDO. Una grande azione di salvataggio dei vitigni autoctoni italiani. I sindaci delle 480 Città del Vino hanno dato il via a un progetto di monitoraggio del patrimonio viticolo per recuperare quelle varietà di uve che rischiano di scomparire dalla produzione e che meriterebbero invece una maggiore valorizzazione enologica. Si tratta di un grande progetto - "Salvataggio e valorizzazione di vigneti antichi italiani" - promosso dall'Associazione nazionale Città del Vino, da Slow Food, dall'associazione Pro Vites di Mezzolombardo e dall'Ente fiere di Gorizia, con il coordinamento scientifico del Dipartimento produzioni vegetali dell'Università Statale di Milano. Responsabile scientifico il professor Attilio Scienza.
Lo scopo del progetto è di avviare un programma per la salvaguardia e la valorizzazione degli antichi vitigni autoctoni che se non protetti rischiano di sparire. La raccolta dei dati sui vitigni avverrà all'interno delle 480 Città del Vino italiane. La fase di raccolta si conclude a fine gennaio. Successivamente sarà realizzata una grande banca dati indispensabile per ulteriori ricerche in campo agronomico ed enologico e per la tutela attiva e giuridica dei vitigni censiti. Una volta individuate le varietà a rischio le Città del Vino diventeranno le vere e proprie custodi di tali vitigni».
"E' un'iniziativa importante - ha dichiarato il professor Attilio Scienza - che consentirà di dare una maggiore tipicità alla nostra produzione, contrastando il dilagare dei vitigni stranieri e il rischio di perdere la nostra originalità vitivinicola. Da un punto di vista scientifico c'è la necessità di descrivere vitigni oggi ancora sconosciuti. Da una recente ricerca in Calabria abbiamo trovato circa 100 varietà non ancora descritte, destinate a scomparire. Il progetto - conclude Scienza - non vuole creare una collezione accademica di vitigni autoctoni, ma restituirli alle Città del Vino che attraverso vigneti dedicati e l'impegno dei viticoltori ne diventano custodi".
"Il nostro paese - ha detto Paolo Benvenuti, direttore dell'Associazione nazionale Città del Vino - ha il più ricco patrimonio viticolo del mondo. I vitigni autoctoni e antichi, e il loro legame con il territorio, rappresentano il più importante elemento del successo dei vini italiani, ma anche una ricchezza culturale ed economica. I vitigni autoctoni più conosciuti sono circa 350. Di questi molti hanno raggiunto fama e prestigio nazionale e internazionale, altri si fanno avanti con forza. Ma tanti altri sono ignorati, molti sono in via di estinzione se non addirittura scomparsi. Con questo progetto - conclude Benvenuti - le Città del Vino diventano a pieno titolo custodi della tipicità, impegnandosi a promuovere le varietà locali".
tratto da L'Arena - domenica 13 ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Fiere.
Presentate a New York e nella Napa Valley le iniziative per la prossima edizione in programma in aprile.
Il Vinitaly conquista il mercato Usa
Vino italiano sempre più protagonista nel mercato degli Stati Uniti grazie alla Fiera di Verona. A New York, nelle sede dell’Ice (Istituto per il commercio estero), e nella Napa Valley, in California, sono stati presentati agli importatori Usa, ai mass media e ai produttori i progetti e le iniziative previste a Vinitaly (www.vinitaly.com), la manifestazione enologica più grande del mondo in programma a Verona dal 10 al 14 aprile 2003. Nei due incontri, ai quali hanno partecipato qualificati operatori e giornalisti delle più prestigiose testate internazionali (da Wine Spectator a Rai International e a Cnn International), sono state illustrate le proposte «all inclusive», con pacchetti viaggio promozionali, riservate ai visitatori e alle aziende statunitensi, la nuova superficie espositiva che sarà portata da 300 a 600 metri quadrati e l’area dedicata al «business to business» (quindi solo per trattative commerciali), espressamente richiesta dagli stessi importatori, cresciuti del 200% tra le edizioni del 2001 e del 2002.
Negli Usa le vendite di vino italiano stanno andando molto bene ed ormai hanno superato quelle francesi. Secondo i dati forniti dall'Ice di New York, elaborati su quelli dello «United States Department of Commerce», nei primi sei mesi del 2002 l’export è cresciuto del 26,6% in valore e del 21% in quantità. La quota italiana dell’import Usa è passata dal 27,1% dello scorso anno al 29,8% del 2002. In dollari il fatturato è stato, sempre nei primi sei mesi, di 393 milioni contro i 321 della Francia, il principale concorrente del nostro Paese.
Significativi aumenti sono stati registrati anche dall’Australia e dalla Spagna, mentre sono in calo le esportazioni da Argentina e Portogallo. In generale, dunque, viste le importazioni di vino negli Stati Uniti aumentate in questo periodo del 17% in quantità e del 13% in valore, l’Italia è riuscita a ritagliarsi una nuova fetta di mercato, confermando le lusinghiere performance del prodotto quale principale ambasciatore del «made in Italy».
«Veronafiere - ha commentato il commissario straordinario Camillo Cametti - ha inteso rafforzare i legami con gli Stati Uniti sia a livello istituzionale, attraverso i contatti avuti con il console a New York Giorgio Radicati, che commerciale tramite la promozione di Vinitaly. Si tratta di un punto di partenza che va ulteriormente sviluppato e potenziato. L’ottima organizzazione degli incontri, grazie al prezioso contributo dell’Ice, comporterà un incremento della presenza di importatori e operatori qualificati statunitensi a Vinitaly 2003».
Già l’edizione del 2002, del resto, ha rappresentato una vetrina d’eccellenza per i vini americani, che hanno riscosso un notevole successo. Il «wine tasting» organizzato da Veronafiere e dal Foreign Agricultural Service dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma, a cui ha preso parte l’ambasciatore Mel Sembler, ha destato particolare interesse, attirando l’attenzione della stampa specializzata e degli operatori del settore. Non bisogna dimenticare, inoltre, che i vini americani sono stati tra i protagonisti della decima edizione del concorso enologico internazionale, tenutosi a Vinitaly pochi giorni prima dell’inizio della rassegna. Ad aggiudicarsi il primo premio dell’ambito riconoscimento, il più selettivo del mondo (su 3.151 vini valutati le medaglie assegnate sono risultate solamente 89), è stata l’azienda californiana Ernest & Julio Gallo Winery.
«Vinitaly - ha spiegato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - gode di un’immagine molto positiva negli Stati Uniti e anche di una notevole credibilità. Nel 2003 gli importatori d’oltreoceano vogliono aumentare la loro presenza e ci hanno richiesto un’area dedicata al business to business. Questa attenzione è indubbiamente dovuta al successo del vino italiano sul mercato, ma nello stesso tempo al ruolo svolto da Vinitaly, che riscuote grande interesse negli Usa per la possibilità di presentare un panorama di proposte enologiche internazionali di alto livello».
tratto da La Gazzetta del Sud- ottobre 2002 [HOME NEWS] [INIZIO RASSEGNA]
Chiesto il marchio Docg e il riconoscimento di un altro poker di Doc
Il Cerasuolo si fa in quattro
di Alessandro Bongiorno
Il Cerasuolo potrebbe essere il primo vino siciliano (ma anche dell'intera Italia meridionale) a beneficiare del marchio Docg (Denominazione d'origine controllata e garantita). E' già stato conferito al prof. Mario Fregoni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore l'incarico di modificare l'attuale disciplinare di produzione allo scopo di ottenere la Docg. Nello stesso tempo è allo studio la creazione di altre quattro Doc (Denominazione d'origine controllata) da attribuire ad altrettanti vini. Si tratta del «Rosso di Vittoria» (la cosiddetta «Doc di ricaduta» nella quale andrebbero a confluire i cerasuolo che non rientrano nella Docg), del «Rosso frappato», del «Rosso nero d'Avola» e dell'«Inzolia», un bianco che ha già dato eccellenti risultati. Il riconoscimento della Docg al Cerasuolo e la creazione di altre quattro Doc potrebbero dare un impulso notevole all'economia vitivinicola della provincia. E' quanto si augura il Consorzio di tutela del vino Cerasuolo che chiama a raccolta tutti gli enti (Provincia regionale, comuni interessati, Camera di commercio) e gli stessi privati. «Con la Docg - spiega il presidente del Consorzio di tutela Giuseppe Calcaterra - compiamo un notevole salto di qualità. Basti pensare che in Italia i vini che godono di questo marchio sono una quarantina mentre si contano diverse centinaia di Doc. Siamo già in una fase avanzata di questo progetto. Abbiamo acquisito gli studi dell'Istituto regionale della vite e del vino e il Comune di Vittoria ha già provveduto a effettuare la zonizazzione del territorio evidenziando le aree di produzione di qualità superiore. Pensiamo - aggiunge Calcaterra - di avere tutti i requisiti richiesti per la concessione della Docg compresa, naturalmente, la storicità del prodotto. Dobbiamo dare atto al Comune di Vittoria di aver svolto un buon lavoro. Ora speriamo che anche gli altri enti ci stiano vicino in questo progetto che può dare ulteriore slancio all'economia vitivinicola della nostra zona. Il nostro territorio offre un prodotto di qualità che è in grado di soddisfare i parametri più ristretti richiesti dalla Docg». In complesso sono 190 gli ettari di terreno iscritti all'albo dei vigneti del Cerasuolo doc. Si ricavano ogni anno circa 950 mila bottiglie che muovono un fatturato di parecchi milioni di euro. Le aziende che producono Cerasuolo doc sono sedici. L'assessore provinciale allo Sviluppo economico, Salvatore Bocchieri, ha convocato intanto per giorno 16 una riunione nella quale si valuteranno le opportunità offerte dalla legge che istituisce la «Strada del vino».